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30/12/2019

Categoria: Notizie

Formazione universitaria: proposta di abolire il 3+2 per gli ingegneri e la sezione B dell'Albo
Arriva dal Gruppo di lavoro sulla formazione universitaria del Consiglio Nazionale degli Ingegneri la proposta di modificare l’attuale percorso di studi necessario per diventare ingegnere
L'intenzione è quella di sostituire lo schema 3+2 con un primo livello della durata quadriennale, a cui seguirebbe un tirocinio di almeno sei mesi, l’esame di Abilitazione e un secondo livello di Laurea magistrale o specializzazione

Come evidenziato dal Gruppo di lavoro, l’attuale struttura, organizzata in due passi successivi, ha di fatto appesantito l’intero percorso accademico, provocando ritardi e risultando poco utile alla formazione dei Laureati quinquennali o magistrali.
La necessità infatti di preparare una tesi alla fine del primo triennio per conseguire una Laurea di primo livello sostanzialmente inutile ai fini della spendibilità nel mondo professionale, rappresenta un consistente rallentamento per lo studente che intende conseguire la laurea magistrale, il cui voto, tra l’altro, generalmente molto alto, è legato ai soli risultati conseguiti nel biennio finale.
Secondo dati forniti dal Centro Studi del CNI, emerge che la maggior parte degli studenti che conseguono la Laurea triennale in Ingegneria (84%) prosegue il percorso accademico per arrivare alla Laurea magistrale.
Spiega l’ingegnere Domenico Perrini, coordinatore del Gruppo di lavoro e consigliere del CNI:
«Gli studenti triennali, dovendo acquisire un minimo di competenze professionali che consentono l'inserimento nel mondo del lavoro, sono costretti a una preparazione piuttosto superficiale nelle discipline scientifiche di base che una volta costituivano il fiore all'occhiello dei laureati in ingegneria; tale preparazione era l’elemento che caratterizzava e distingueva l’ingegneria italiana rispetto a quella europea.
Un tempo il percorso di studi portava ad approfondire le discipline scientifiche, sia quelle professionali che di cultura generale, come analisi matematica, geometria, fisica o chimica, materie che oggi sono molto semplificate nel triennio iniziale e che non vengono più riprese al 4° e 5° anno, con la conseguenza che i laureati quinquennali presentano delle lacune in quelle che erano le basi culturali del laureato nelle università italiana.
Gli iscritti agli Ordini professionali nel campo dell’Ingegneria sono circa 250mila e coloro che fanno parte della sezione B sono 12mila circa e rappresentano il 4/5 per cento del totale.
È quindi evidente che chi si ferma al terzo anno rappresenta una percentuale ridottissima; la maggior parte infatti continua gli studi, anche perché dal punto di vista giuridico le competenze dei “triennali” non sono ben specificate con la conseguenza che l’esercizio della professione diventa ricco di ostacoli».

Formazione universitaria: la proposta per una nuova riforma
L’idea avanzata dal Gruppo di lavoro mantiene due livelli, strutturati però diversamente:
Un primo livello della durata quadriennale (2+2), articolato in modo tale da consentire allo studente di concentrarsi sulle discipline scientifiche di base nel primo biennio e di approfondire, in quello successivo, le materie del settore (civile ambientale, industriale o dell’informazione) con la discussione della tesi di Laurea e il conseguimento, ove il corso di Laurea seguito sia stato riconosciuto e certificato da parte di una agenzia di certificazione, di un titolo di dottore in ingegneria.
Lo svolgimento, dopo un tirocinio di almeno 6 mesi svolto in ambiti congruenti con il settore scelto, dell’esame di Abilitazione organizzato dagli Ordini Professionali di concerto con le Accademie e, una volta superato l'esame di stato, la possibilità di iscriversi all’Albo degli Ingegneri costituito da un'unica Sezione;
Una specializzazione successiva, conseguita dopo uno o più anni, che preveda oltre alla formazione teorica anche una parte più applicativa svolta direttamente in strutture aziendali e professionali.
«L’obbiettivo è che i corsi di specializzazione siano ancorati al territorio e che i Politecnici o le Università, insieme alle strutture ordinistiche e industriali, scelgano i settori di specializzazione guardando fondamentalmente alle esigenze del mercato e della società civile», precisa Perrini.

Il percorso “breve” dovrà essere limitato alle cosiddette lauree professionalizzanti di cui al Decreto Ministeriale 12 Dicembre 2016 n.987
Secondo il Gruppo di lavoro, lo sbocco naturale di tali corsi non può che essere l’apparato produttivo per il quale sono stati strutturati o, ove organizzati sulla base di convenzioni stipulate dagli atenei con gli organismi rappresentativi delle professioni, l’accesso all’esame di abilitazione per l’iscrizione ai Collegi di geometri e periti, ma non ovviamente a quello degli Ingegneri.

L’abolizione della sezione B dell’Albo degli Ingegneri
Una delle conseguenze della proposta di riforma, i cui tempi, per la complessità della stessa, non possono che essere molto lunghi, è l'eliminazione della sezione B dell’Albo.
A questo proposito «vorremmo fosse avviata già in un primo periodo transitorio, con il ripristino del ciclo unico quinquennale e la non accettazione di nuovi iscritti alla Sezione B» - puntualizza Perrini.
«Non potendo ovviamente perdere un diritto acquisito l’auspicio è che per tali professionisti sia predisposto un percorso semplificato per il conseguimento della laurea magistrale con conseguente accesso alla Sezione A dell'Albo, valorizzando le competenze acquisite nell'attività professionale e nel percorso formativo, che a volte risulta più approfondito di quello di attuale accesso alla laurea magistrale.
Occorrerà pertanto, in sede di revisione del D.P.R. 328/01, stabilire una norma transitoria che consenta l’upgrade volontario dei triennali iscritti in tale sezione, con la definizione di appositi percorsi formativi che attribuiscano CFU alla documentata esperienza acquisita».